La legge parla chiaro: possono licenziarti anche se sei malato | Se rientri in questi casi puoi liberare la scrivania
Il licenziamento sul lavoro in caso di malattia è una delle fattispecie meglio disciplinate dalle leggi che regolamentano la materia
Le leggi che regolano i rapporti tra datore di lavoro e lavoratori dipendenti sono in continua evoluzione e spesso vengono adeguate o aggiornate in base ai cambiamenti sociali e ai parametri economici legati al costo della vita.
Da sempre uno degli aspetti più significativi è la fattispecie connessa all’assenza del lavoratore per malattia. Una disciplina su cui il legislatore è intervenuto più volte nel corso degli anni con provvedimenti mirati, volti a garantire sia gli interessi dell’azienda che del singolo dipendente.
Una domanda che molti si pongono è se un lavoratore nel momento in cui finisce in malattia può essere vittima di licenziamento da parte del datore di lavoro. La risposta è negativa, almeno in grandi linee. Da questo punto di vista è necessario conoscere il cosiddetto periodo di comparto.
Si tratta di una una finestra temporale durante la quale il datore di lavoro non può licenziare l’impiegato che si assenti dal lavoro a causa di malattia o infortunio, a patto che il numero di assenze non superi il massimo di giorni consentito in un anno dal contratto collettivo di lavoro.
Licenziamento per malattia, cosa dicono le norme: non ci sono più dubbi
Durante questo periodo il lavoratore ha diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro e all’indennità di malattia pagata dall’INPS. Il principio ispiratore del comporto è legato all’esigenza di proteggere i lavoratori in difficoltà, dando loro il tempo necessario per curarsi e rientrare in servizio.
Bisogna però fare molta attenzione: terminato il periodo di comporto, il datore di lavoro è legittimato a licenziare l’impiegato che continui a risultare assente senza addurre valide motivazioni.
Licenziamenti per malattia, la materia è complessa: ecco le eccezioni
La regola generale del periodo di comporto ammette comunque delle deroghe. Ad esempio non si applica in situazioni come malattie causate da infortuni sul lavoro dovuti alla mancata adozione di adeguate misure di sicurezza, assenze per malattie gravi per le quali il lavoratore deve sottoporsi a terapie salvavita, congedi di 30 giorni per assistenza a invalidi civili e infine per malattie causate dalla gravidanza.
Il legislatore, inoltre, consente il licenziamento del lavoratore rientrato a seguito di un periodo di malattia qualora lo stesso non possa più svolgere le sue precedenti mansioni. In tali casi il datore ha l’obbligo di esaminare la possibilità di assegnargli incarichi alternativi.